I nostri giovani restano a casa per mancanza di opportunità

Bassi salari, precarietà, difficoltà a trovare lavoro. Sono questi gli ostacoli principali che impediscono ai giovani di lasciare. Lo documenta il Rapporto Giovani 2017 (RG2017) dell’Istituto Toniolo realizzato con il sostegno di Intesa Sanpaolo e della Fondazione Cariplo. L’indagine si è basata su un campione di 6172 giovani tra i 18 e i 32 anni e mostra come il lavoro e la situazione economica generale rappresentino per oltre il 70% dei giovani italiani elementi che hanno pesato abbastanza o molto, nell’ultimo anno, nell’impedire l’uscita dalla casa dei genitori. La categoria più penalizzata risulta quella dei Neet, i giovani inattivi che non studiano e non hanno un impiego, per la quale lavoro e congiuntura economica sono stati ostacoli rilevanti in più dell’80% dei casi (83% per il lavoro, 84,6% per la situazione economica). Da segnalare il caso dei lavoratori con contratto a tempo determinato, il 79,4% dei giovani occupati con questi contratti, percepisce la propria condizione occupazionale come un motivo rilevante nel ritardare l’uscita dalla casa dei genitori (contro il 70,1% dei lavoratori a tempo indeterminato). Tale categoria sembra essere anche la più penalizzata (assieme ai Neet) relativamente alla situazione economica: l’81% la ritiene una causa rilevante nel vanificare le proprie aspirazioni di autonomia.

Bassa fecondità e ritardo nell’uscita dalla casa dei genitori per via dei bassi salari e del precariato continuano dunque a rappresentare una criticità irrisolta del contesto italiano. Alla luce di questi dati emerge che il 92,2% dei giovani italiani dichiara di non essere riuscito a realizzare i propri desideri formulati l’anno passato di uscire dalla famiglia di origine.


Secondo l’indagine il percorso formativo è determinante sulla carriera lavorativa, sia sulle pratiche di partecipazione sociale e politica. In tale contesto il 31% dei giovani con licenza media o titolo inferiore e il 31,6% di chi possiede una qualifica professionale ha dichiarato di aver svolto volontariato, la percentuale sale al 41,4% tra coloro che hanno concluso gli studi con il diploma di scuola superiore e al 51,7% nei laureati. Invece per quanto riguarda la partecipazione ad attività di pressione pubblica (petizioni, raccolte firme, manifestazioni di piazza, campagne di sensibilizzazione sui social network, etc…) il 69 % degli intervistati con la laurea ha dichiarato di avere preso parte, contro il 49,7% di quelli con licenza media o inferiore.

Una crescente attenzione viene, inoltre, assegnata alle soft (o life) skills, le cosiddette competenze traversali, in grado non solo di aumentare l’occupabilità, ma soprattutto di trasformare il sapere tecnico in partecipazione di successo ai processi innovativi. I dati del Rapporto giovani mostrano come la consapevolezza di aver maturato tali competenze sia sensibilmente maggiore tra i laureati (63%) rispetto a chi ha avuto percorsi di formazione più breve: diplomati 55%, licenza media 50%, qualifica professionale 47%.

Tratto da (http://www.repubblica.it/economia/2017/05/01/news/istituto_toniolo_giovani-164362470/)

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