Il mondo va all’Università

Duecento milioni di studenti sono iscritti negli atenei del mondo (2,67% della popolazione mondiale che nel gennaio del 2017 era pari a circa 7,5 miliardi ndr). Tra otto anni cresceranno fino a 260 milioni. È un percorso, quello del sapere complesso, della specializzazione culturale, che la generazione nata nei Novanta considera necessario per il successo, o semplicemente per difendersi dalla concorrenza diffusa.

L’ultimo report scientifico dell’Unesco, “Towards 2030” – 800 pagine, 46 collaboratori in cinque continenti, lavoro chiuso nel dicembre 2016 – descrive la strada dell’accesso alla conoscenza superiore come un’autostrada a sei corsie che i governi più consapevoli, molti nel Sud Est asiatico, intendono far percorrere alla gioventù. Nel 1996, nel mondo, il 14% dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni frequentava un ateneo, oggi gli “universitarians” sono il 32 per cento. Vent’anni fa cinque Paesi avevano almeno metà dei giovani chini nei dipartimenti, oggi gli Stati con questo primato sono 54, un terzo di quelli che aderiscono all’Onu.

In Corea del Sud – nazione insieme alla Finlandia in cima a tutti i ranking scolastici – quasi il 70% dei 30-34enni è laureato. E in quella fetta di mondo orientale, da vent’anni emergente, la convinzione che il riscatto sociale e la battaglia globale si giochino innanzitutto studiando si vede negli investimenti pubblici. La Malesia ha pianificato di diventare il sesto approdo assoluto per studenti internazionali a partire dal 2020, e per quell’anno il governo vietnamita punta ad avere 20.000 dottorati universitari in più. In Cina 9,5 milioni di giovani ogni anno devono affrontare il gaokao, l’esame di ammissione necessario per entrare all’università: dura nove ore in un lasso di due giorni. L’università più internazionalizzata al mondo è la China Medical University di Taiwan: il 93,9% dei suoi lavori è pubblicato in collaborazione con altri atenei.

Nell’Immagine che segue vengono riportate i migliori atenei del mondo secondo il Times Higher Education.

Secondo un Report dell’Unesco, se nel mondo, oggi, ci sono 7,8 milioni di ricercatori universitari, nel nostro continente resiste la quota più consistente: il 22 %.

L’Italia ha eccellenze riconosciute, investimenti pubblici e privati non adeguati, una resistenza titanica a fare sistema. Trieste è la decima università al mondo per internazionalizzazione, ma il Paese attrae pochi stranieri: solo l’11% dei dottorandi viene dall’estero quando in Francia sono il quadruplo. E i nostri laureati restano il 25,3% della popolazione tra i 30 e i 34 anni.

Tratto da (http://www.repubblica.it/scuola/2017/02/13/news/alla-158175483/?ref=HREC1-4)

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Pubblicato da didatticainterattiva

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